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CRITICA INERENTE LE OPERE DI ROBERTA SERENARI

giudizi sgarbi editoriale mondadori

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Titolo: I GIUDIZI DI SGARBI
Autore: VITTORIO SGARBI
Apparso su: Editoriale G.Mondadori
del 1 Marzo 2005

Roberta Serenari è una pittrice figurativa che opera una felice sintesi tra un’indubbia predisposizione segnica e una puntuale meditazione sul colore come esaltazione e sottolineatura della forma figurale.
In questa pittura meditata si aprono sfondi narrativi intensi, dove prevale una presenza femminile dotata di una misteriosa fascinazione.
Padrona di un tratto pittorico di indubbio livello qualitativo, questa artista lascia erompere in ogni sua opera una vena ritrattistica assai prossima agli stilemi del primo Novecento di tradizione, nella cui produzione artistica ben si sposavano la modernità della riflessione sull’immagine e la rigorosa adesione alle modalità esecutive più classiche.
Quello che qui è preminente è la sintonizzazione fra l’esigenza plastica del soggetto, che induce la pittrice a predisporre stesure molto ben ritmate e calcolate, e quella di tradurre in significato, per chi guarda, ciò che emerge dalla prima impressione visiva.
In ognuna di queste opere si apre un discorso metaforico assai controllato, dove l’autrice limita all’essenzialità lo sviluppo narrativo.
Ogni sua composizione è quindi ordinata in un rapporto antiretorico con la realtà, che viene riproposta in chiave volutamente statica, come prodotta da un’appropriazione visiva definita in una temporalità congelata.
Questo taglio dell’inquadratura appartiene ovviamente anche alla tecnica fotografica, ma in questo caso è l’abilità della tavolozza a trasmettere lo stesso senso di distacco e di mistero suscitato da una cronaca visiva che non appartiene a chi guarda, ma solo a chi ne è protagonista.
Il contesto in cui Serenari opera e crea può essere interpretato come la concretizzazione oggettiva di un impulso intimistico e romantico, e tuttavia permane ammirevole il segno inconfondibile di un’idealità connessa ai valori plastici che sono intrinseci alla figurazione, e che si situa ben oltre la semplice volontà di allestire una visione riconoscibile e rappresentativa
La sua scrittura pittorica tende infatti a presentarsi come una sorta di mitizzazione di un privato che si presume autobiografico, o comunque strettamente legato a esperienze soggettive.
Non per nulla in molti di questi lavori i titoli esplicativi rimandano all’intrico dei segnali simbolici del mondo di Alice, che viene riproposta come proiezione di un passato rimpianto nell’opera che descrive  Il vestito della festa, o Nella stanza dei giochi.
La tecnica di Roberta Serenari, che è quella tradizionale dell’olio su tela, gioca sulla piacevolezza meditata e calibrata dei giochi della luce e dell’ombra, su momenti contrappuntistici, e su impercettibili passaggi di colore che modulano atmosfere sospese e, in certi casi, persino metafisiche.
A volte la necessità di essere essenziale riduce gli sfondi a pochi arredi, lasciando la figura centrale, solitamente infantile, in una sorta di sospensione fisica ed esistenziale.
Altre volte invece la pittrice ama analizzare in piena luce le forme più disparate di un mondo concreto ma incongruo, popolato probabilmente, più che dagli oggetti, dalle emanazioni dei sogni e dei ricordi del personaggio femminile adolescente che lo abita, e che ha ormai imparato a dominare la realtà.
L’Alice che vive in questi quadri è forse ancora quella di Lewis Carroll, poiché dalla memoria del suo lontano viaggio infantile è rimasto il gusto di reinterpretare lo spazio in prospettive immaginose e di attribuire agli oggetti una valenza totemica.
Ma è anche evidente che si tratta  di un Alice ormai cresciuta, ben capace di distinguere e di scegliere la parte giusta dello specchio.

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